Page 16 - ottobre-2020
P. 16
pagina 16 Vita Ciociara
Cosette di casa nostra
Racconti ed aneddoti dalla tradizione popolare di Pescosolido
di Ottavio Cicchinellii
La caccia nelle nostre zone
tra il 1500 ed il 1700
Il falconiere (con aquila) - Foto tratta da balestra, il falcone e lo schioppo. attraverso un canaletto, nella camera
Diana Rivista del Cacciatore nr.18 del 1987 La balestra, potente e micidiale, veniva da scoppio e, un attimo prima della de-
usata per la caccia ai grossi selvatici flagrazione, puntare l’arma sul selva-
L’uomo ha sempre praticato la caccia, (orsi, cinghiali, cervi); ma era poco pre- tico. Il quale nel frattempo s’era
dal tempo dei tempi, utilizzando stru- cisa, specialmente quando il bersaglio allontanato e sottratto alla vista.
menti diversi: le mani, le pietre, il ba- era in movimento. Il carniere in definitiva, o balestra o fal-
stone, la lancia, l’arco, la balestra, il Il falcone (che si poteva acquistare ad cone o schioppo che fosse, rimaneva
laccio, la rete, il falcone e infine l’archi- Atina, dove se ne allevavano e adde- quasi sempre vuoto. Però la selvaggina
bugio (così chiamato poiché somigliava stravano in gran “copia”, stando a abbondava. Ce n’era tanta che si pote-
ad un arco ed era munito di una canna quanto riferisce uno scrittore del tempo) vano fare “incontri” a ripetizione, sicché,
dal cui “buco” uscivano proiettili per col- veniva usato per la caccia ai piccoli sel- a forza di fare incontri, prima o poi qual-
pire i selvatici). vatici (starne, tortore, quaglie, merli, che capo finiva nel carniere, rime-
Con l’archibugio, la caccia mutò radi- tordi, allodole): inseguiva e picchiava in diando, almeno in parte, alle infinite
calmente. Ma bisognò attendere un velocità; ma quasi mai riusciva ad affer- “padelle”. L’habitat, del resto, era ideale:
paio di secoli, prima che quel marchin- rare la preda e, se qualche volta l’affer- pianure, prati, campi coltivati, sorgenti e
gegno si perfezionasse a dovere e di- rava, se l’andava a mangiare lontano, corsi d’acqua, ripe erbose, colline di-
venisse lo strumento-principe per la nel folto di un boschetto o sulla cima di gradanti, boschetti ombreggiati, valli e
caccia. Nel frattempo ognuno si arran- un albero, rimanendo sordo ai richiami vallette apriche, anfratti, forre e dirupi,
giò come poté: alcuni continuarono ad del padrone, il quale, per recuperarlo, monti elevati, selve estese... Nulla man-
usare i vecchi mezzi di offesa (arco, ba- doveva aspettarne il ritorno per ore ed a cava per rendere la vita comoda a orsi,
lestra, reti ecc.), altri si convertirono allo volte per giorni interi (cioè fino a che il cinghiali, caprioli, camosci, lepri, cotur-
schioppo, sebbene questo fosse poco rapace non avesse digerito la preda e nici e starme (in tutto l’arco dell’anno),
affidabile. E comunque erano tre i mezzi sentisse nuovamente la fame). a colombacci, tortore, quaglie, rigogoli
di offesa più usati in quel periodo di Lo schioppo sembrava il più adatto per e avelle (nel periodo estivo), a tordi, ce-
transizione, che va dal 1500 al 1700: la andare a caccia: potente, maneggevole sene, merli, “folighe”, “mallardi”, bec-
e capace di colpire un selvatico anche a cacce e beccaccini (nella fredda
distanza notevole. Ed era pure bello a stagione). E chi praticava la caccia, non
vedersi, specialmente se rifinito nei mi- aveva che da uscire appena fuori del-
nimi particolari e impreziosito magari l’abitato per ritrovarsi in una specie di
con “arabeschi damascati” (i costruttori, èden venatorio.
non riuscendo a migliorare la tecnica, L’unico inconveniente era che quei sel-
puntavano sull’apparenza, special- vatici se la scampavano quasi sempre,
mente quando l’arma era destinata a poiché i mezzi di offesa erano poco ef-
qualche nobile damigella). Lo schioppo ficaci. Ma l’uomo, a cui l’ingegno non fa
dava anche un tocco di classe a chi lo difetto, trovò subito il rimedio: non po-
portava; ma sul piano pratico non è che tendo migliorare gli strumenti di offesa
desse risultati apprezzabili. Infatti an- (per ora), agì sui selvatici inducendoli a
dava a vuoto tre volte su quattro. Per rallentare la corsa o addirittura a fer-
farlo sparare, bisognava compiere di- marsi, in modo da poterli mirare con più
verse operazioni: caricare la canna (in- calma e colpire con maggior precisione.
filandole anteriormente la polvere, la Nella scena venatoria allora comparve
stoppa, i proiettili ed altra stoppa, aiu- il cane da ferma, che cominciò a fare
tandosi con una bacchetta); mettere la sfoggio della sua abilità: correndo in
polvere nel “focone” (dietro la “culatta”) lungo e in largo, individuava il selvatico
e accenderla con una miccia (o con una e lo bloccava con una “ferma statuaria”,
scintilla prodotta dalla “pietra focaia”); permettendo al cacciatore di avvicinarsi
aspettare che la fiamma si propagasse, e piazzare il colpo con tutta calma.