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pagina 16                                          Vita Ciociara

Cosette di casa nostra

Racconti ed aneddoti dalla tradizione popolare di Pescosolido

                                                                  di Ottavio Cicchinellii

                                                   La caccia nelle nostre zone
                                                       tra il 1500 ed il 1700

  Il falconiere (con aquila) - Foto tratta da      balestra, il falcone e lo schioppo.          attraverso un canaletto, nella camera
Diana Rivista del Cacciatore nr.18 del 1987        La balestra, potente e micidiale, veniva     da scoppio e, un attimo prima della de-
                                                   usata per la caccia ai grossi selvatici      flagrazione, puntare l’arma sul selva-
   L’uomo ha sempre praticato la caccia,           (orsi, cinghiali, cervi); ma era poco pre-   tico. Il quale nel frattempo s’era
   dal tempo dei tempi, utilizzando stru-          cisa, specialmente quando il bersaglio       allontanato e sottratto alla vista.
   menti diversi: le mani, le pietre, il ba-       era in movimento.                            Il carniere in definitiva, o balestra o fal-
   stone, la lancia, l’arco, la balestra, il       Il falcone (che si poteva acquistare ad      cone o schioppo che fosse, rimaneva
   laccio, la rete, il falcone e infine l’archi-   Atina, dove se ne allevavano e adde-         quasi sempre vuoto. Però la selvaggina
   bugio (così chiamato poiché somigliava          stravano in gran “copia”, stando a           abbondava. Ce n’era tanta che si pote-
   ad un arco ed era munito di una canna           quanto riferisce uno scrittore del tempo)    vano fare “incontri” a ripetizione, sicché,
   dal cui “buco” uscivano proiettili per col-     veniva usato per la caccia ai piccoli sel-   a forza di fare incontri, prima o poi qual-
   pire i selvatici).                              vatici (starne, tortore, quaglie, merli,     che capo finiva nel carniere, rime-
   Con l’archibugio, la caccia mutò radi-          tordi, allodole): inseguiva e picchiava in   diando, almeno in parte, alle infinite
   calmente. Ma bisognò attendere un               velocità; ma quasi mai riusciva ad affer-    “padelle”. L’habitat, del resto, era ideale:
   paio di secoli, prima che quel marchin-         rare la preda e, se qualche volta l’affer-   pianure, prati, campi coltivati, sorgenti e
   gegno si perfezionasse a dovere e di-           rava, se l’andava a mangiare lontano,        corsi d’acqua, ripe erbose, colline di-
   venisse lo strumento-principe per la            nel folto di un boschetto o sulla cima di    gradanti, boschetti ombreggiati, valli e
   caccia. Nel frattempo ognuno si arran-          un albero, rimanendo sordo ai richiami       vallette apriche, anfratti, forre e dirupi,
   giò come poté: alcuni continuarono ad           del padrone, il quale, per recuperarlo,      monti elevati, selve estese... Nulla man-
   usare i vecchi mezzi di offesa (arco, ba-       doveva aspettarne il ritorno per ore ed a    cava per rendere la vita comoda a orsi,
   lestra, reti ecc.), altri si convertirono allo  volte per giorni interi (cioè fino a che il  cinghiali, caprioli, camosci, lepri, cotur-
   schioppo, sebbene questo fosse poco             rapace non avesse digerito la preda e        nici e starme (in tutto l’arco dell’anno),
   affidabile. E comunque erano tre i mezzi        sentisse nuovamente la fame).                a colombacci, tortore, quaglie, rigogoli
   di offesa più usati in quel periodo di          Lo schioppo sembrava il più adatto per       e avelle (nel periodo estivo), a tordi, ce-
   transizione, che va dal 1500 al 1700: la        andare a caccia: potente, maneggevole        sene, merli, “folighe”, “mallardi”, bec-
                                                   e capace di colpire un selvatico anche a     cacce e beccaccini (nella fredda
                                                   distanza notevole. Ed era pure bello a       stagione). E chi praticava la caccia, non
                                                   vedersi, specialmente se rifinito nei mi-    aveva che da uscire appena fuori del-
                                                   nimi particolari e impreziosito magari       l’abitato per ritrovarsi in una specie di
                                                   con “arabeschi damascati” (i costruttori,    èden venatorio.
                                                   non riuscendo a migliorare la tecnica,       L’unico inconveniente era che quei sel-
                                                   puntavano sull’apparenza, special-           vatici se la scampavano quasi sempre,
                                                   mente quando l’arma era destinata a          poiché i mezzi di offesa erano poco ef-
                                                   qualche nobile damigella). Lo schioppo       ficaci. Ma l’uomo, a cui l’ingegno non fa
                                                   dava anche un tocco di classe a chi lo       difetto, trovò subito il rimedio: non po-
                                                   portava; ma sul piano pratico non è che      tendo migliorare gli strumenti di offesa
                                                   desse risultati apprezzabili. Infatti an-    (per ora), agì sui selvatici inducendoli a
                                                   dava a vuoto tre volte su quattro. Per       rallentare la corsa o addirittura a fer-
                                                   farlo sparare, bisognava compiere di-        marsi, in modo da poterli mirare con più
                                                   verse operazioni: caricare la canna (in-     calma e colpire con maggior precisione.
                                                   filandole anteriormente la polvere, la       Nella scena venatoria allora comparve
                                                   stoppa, i proiettili ed altra stoppa, aiu-   il cane da ferma, che cominciò a fare
                                                   tandosi con una bacchetta); mettere la       sfoggio della sua abilità: correndo in
                                                   polvere nel “focone” (dietro la “culatta”)   lungo e in largo, individuava il selvatico
                                                   e accenderla con una miccia (o con una       e lo bloccava con una “ferma statuaria”,
                                                   scintilla prodotta dalla “pietra focaia”);   permettendo al cacciatore di avvicinarsi
                                                   aspettare che la fiamma si propagasse,       e piazzare il colpo con tutta calma.
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