Page 17 - ottobre-2020
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Vita Ciociara                                      pagina 17

E nella caccia al cinghiale si ricorse ad una strategia partico-
larissima. Individuato il branco, lo si accerchiava con “parate
di robusta tela” e quindi lo si convogliava in un certo punto,
dove si trovava un cacciatore appostato insieme ad un paio di
aiutanti. I “bracchieri”, però, dovevano avere l’accortezza di
“spingere” non tutto il branco, ma uno o due selvatici alla volta,
per dare al cacciatore appostato il tempo di sparare e di rica-
ricare l’arma, altrimenti il carniere si sarebbe ridotto a ben
pochi capi. Il cacciatore appostato, a sua volta, (as- colta e
impara, Lerì) doveva attenersi ad alcune regole precise: stare
perfettamente immobile, silenzioso e ben mimetizzato; tratte-
nere l’emanazione di ogni odore (del corpo, del tabacco, del
vino ecc.); aspettare il momento più adatto per fare fuoco
(quando ad es. il selvatico rallentava la corsa o si fermava ad
ascoltare)... Poiché il cinghiale è furbo e sospettoso, ha fiuto
e udito finissimi, sicché basta poco per farlo fuggire lontano.
Lo scriveva anche Giuseppe a pagina 77 della sua opera “No-
tizia e maniera per la gran caccia de’ cignali, e capri” (Muzio
editore, Napoli 1739): “Dovrà pure di leggieri persuadersi il
buon Cacciatore, che le fiere perfetto a meraviglia han l’udito,
e quindi esser deve studio di starsi tacito
[…] e quindi egli è necessario di starsene in agguato, e punto
non scuotersi, aspettando che la sospettosa non ben sicura
belva altrove a guardare intenda, e disporsi allora con più co-
modo colpo apredarla; avverrà certamente in quel momento,
che a fuggire non si volga, e che lascisi pigliar di mira in quella
parte, dove il colpo dell’archibuso, può riuscir mortale, e può
farla rimanere estinta.” (Continua)

                                 ottavio.cicchinelli@vitaciociara.it

                                                                      Panorama di Pescosolido
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