
Sono trascorsi 26 anni da quel 23 maggio 1992, tragica data che segna la strage di Capaci, in cui per mano mafiosa furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. È a questi ultimi, agli ‘angeli’ del passato e del presente, agli uomini e alle donne delle scorte che hanno rischiato e rischiano quotidianamente la vita che verrà dedicato il XXVI anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Oltre ai giudici Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, si ricorderanno a gran voce i nomi dei loro agenti di scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Rocco Dicillo, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Claudio Traina
La strage di Capaci fu l’esito dell’attentato esplosivo compiuto da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 vicino a Palermo per uccidere il magistrato antimafiaGiovanni Falcone: oltre a lui infatti vi morirono altre quattro persone – la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro – e ci furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza
Gli attentatori fecero saltare un tratto dell’autostrada A29, alle ore 17,58 di quel sabato, mentre passavano l’auto di Falcone e quelle della sua scorta: la tragedia in realtà è avvenuta nel territorio comunale di Isola delle Femmine ma poco prima del cartello che segnala lo svincolo per Capaci, così da subito, quale luogo del delitto, fu indicato impropriamente questo comune.
L’uccisione di Falcone venne decisa nel corso di alcune riunioni delle “Commissioni regionale e provinciale di Cosa Nostra, avvenute tra il settembre-dicembre 1991, e presiedute dal boss Salvatore Riina, nelle quali vennero individuati anche altri obiettivi da colpire. Nello stesso periodo, avvenne anche un’altra riunione nei pressi di Castelvetrano (a cui parteciparono Salvatore Riina, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Mariano Agate Salvatore Biondillo e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano), in cui vennero organizzati gli attentati contro il giudice Falcone, l’allora ministro Claudio Martelli e il presentatore televisivo Maurizio Costanzo.
In seguito alla sentenza della Cassazione che confermava gli ergastoli del Maxiprocesso (30 gennaio 1992), la “Commissione provinciale” di Cosa Nostra decise di dare inizio agli attentati: per queste ragioni, nel febbraio 1992 venne inviato a Roma un gruppo di fuoco, composto da mafiosi di Bracaccio e della provincia di Trapani (Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Lorenzo Tinnirello, Cristofaro Cannella, Francesco Geraci), che avrebbero dovuto uccidere Falcone, Martelli o in alternativa Costanzo, facendo uso di armi da fuoco. Qualche tempo dopo però Riina li richiamò in Sicilia perché voleva che l’attentato a Falcone fosse eseguito sull’isola adoperando l’esplosivo.
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