Le nuove piante che ci salveranno dal riscaldamento globale

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Le piante sono organismi incredibili. Tendenzialmente sono molto semplici: per vivere hanno bisogno solo di un po’ di CO2, acqua e ossigeno. Ma sono in grado di esprimere una varietà amplissima e una enorme capacità di adattamento. Le piante possono essere enormi o minuscole, grasse o legnose, larghe o sottili, in relazione a pochi semplici fattori come la quantità di luce che hanno a disposizione.

Joanne Chory, ricercatrice al Salk Institute for Biological Studies e all’Istituto Medico Howard Hughes (HHMI), ha passato la sua vita professionale a studiare questi fattori, scoprendoli e ordinandoli in semplici regole, per poi manipolarli allo scopo di creare grandi cambiamenti nelle piante. Il suo laboratorio ha passato decenni a studiare come le piante imparano e si adattano a diversi tipi di situazioni, e in questo percorso ha scoperto una grande quantità di informazioni sui geni che controllano la crescita delle piante.

Adesso Chory sta usando questi dati per creare nuove varietà di piante che possano assorbire enormi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera e così ridurre notevolmente gli effetti del cambiamento climatico. Per il suo lavoro ha ricevuto nel 2017 il Breakthrough Prize in Life Sciences.

Il progetto di Chory ha a che fare con un composto chiamato suberina, che tutti noi conosciamo perché è il componente principale del sughero. La suberina ha delle caratteristiche uniche, che la rendono interessante per immagazzinare la CO2 presente nell’atmosfera: è principalmente composta di carbonio e non è biodegradabile: ciò significa che dura un tempo molto lungo: “Un paio di millenni”, dice Chory.

La suberina è principalmente prodotta dagli alberi di sughero, ma viene anche prodotta in piccole quantità dalle radici di molte piante. Usando semplici tecniche di incrocio, Chory fa crescere delle piante che sono in grado di produrne molta di più. Attualmente il suo laboratoria è al lavoro sulla’aumento di suberina in piante come quella dei ceci e altri vegetali coltivabili.

“Se riusciamo”, dice Chory, “a far sì che le piante ne producano in più rispetto al solito, e riusciamo a far acquisire questa capacità a piante che sono già in passato state selezionate per a cere radici più ampie e profonde, pensiamo di poter far produrre a una pianta 20 volte tanto la quantità originaria di suberina”.

Tanta suberina è utile per sbarazzarsi della CO2 perché, come si è detto, la suberina non è biodegradabile. Quindi “mettere” tanta suberina nelle radici delle piante significa catturare grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera, e lasciarla “sequestrata” lì per migliaia di anni. Perciò le piante che producono suberina possono togliere dal ciclo del carbone un sacco di CO2 per un bel po’ di tempo.

Ma di quanta CO2 parliamo? “Abbiamo fatto un po’ di conti”, spiega Chory: “Basterebbe che il 5% delle coltivazioni presenti nel mondo fosse modificato per produrre più suberina, e il 50% della CO2 che immettiamo nell’atmosfera verrebbe catturato”.

Il cinque per cento dell’intera coltivazione mondiale, ma se i conti sono giusti, questa tecnologia potrebbe salvare il mondo. Rimuovere la CO2 dall’atmosfera per ridurre l’inquinamento, invece di ridurre le emissioni, è un metodo su cui si stanno concentrando una grande quantità di ricerche, ma si tratta di tecnologie sperimentali che potrebbero impiegare anni prima di andare a regime. Attualmente c’è solo un caso di successo commerciale.

Questo non vuol dire che le piante iper produttrici di suberina siano la soluzione al riscaldamento globale. Chory ammette che spingere le piante a produrre più suberina potrebbe ostacolare la loro capacità di produrre cibo. Ma anche se questi ceci fossero poco commestibili, comunque sarebbe la soluzione più economica al cambiamento climatico che sia mai stata proposta.

Da: Popular Mechanics

 

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