
Quando si sente parlare di temporale, la gente si immagina spesso un fenomeno legato al calore che si presenta in una calda giornata estiva. In effetti molti temporali derivano proprio da un eccessivo riscaldamento del suolo ad opera del sole, che crea autentiche bolle di aria calda che salendo in quota condensano in nubi e piogge. Sono i classici temporali di calore, che hanno durata limitata e colpiscono un’area ristretta.
Vi è, tuttavia, un’altra categoria di temporali che si possono manifestare anche quando il calore dell’aria non è eccessivo: sono i temporali orografici. Già il nome ci indica che a generarli è una catena montuosa più o meno alta.
Se una massa d’aria sufficientemente umida è costretta ad impattare contro un rilievo, subisce un sollevamento forzato anche notevole e può raggiungere altezze considerevoli. La sommità della nube che conseguentemente si forma può congelarsi, dando origine a rovesci o temporali.
Questi fenomeni possono persistere sulle medesime zone anche per molto tempo, autorigenerandosi, fin tanto che le condizioni lo permettono. Inoltre sono responsabili di piogge molto intense che possono generare anche allagamenti.
Le condizioni per la creazione di un temporale orografico sono la presenza di una catena montuosa e una corrente d’aria che colpisce perpendicolarmente il rilievo.
In Italia le zone a rischio con correnti umide sud-occidentali sono la fascia prealpina centro-orientale, la Liguria, la Versilia e la Campania. Con venti da se a rischio ci sono i monti della Sicilia orientale e della Calabria jonica, con il vento da nord il versante dei monti Nebrodi e delle Madonie esposto al Mar Tirreno, con il vento da NW la Catena Costiera tirrenica calabrese. Si tratta ovviamente solo di esempi.
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