L’eramo del Santo Spirito a Roccasecca

La stradina s’inerpica ripida sulle falde del monte San Nicola dopo aver lambito il letto pietroso del fiume Melfa che, triste e malinconico, si insinua tra gole impervie e rigogliosi boschi. A mezza costa, volgendo lo sguardo in basso, s’intravedono i resti di una diga con grandi blocchi di pietra: la forza dell’acqua, un tempo copiosa, alimentava la macina di un mulino sulla riva del fiume nei pressi del vecchio ponte romano.

Una fitta sequela di ulivi, elci e mandorli accompagna l’incedere del sentiero che s’inoltra a fatica tra aride sterpaglie e picchi imponenti. Quasi al culmine dell’ascesa, raggiunto un piccolo casotto in muratura, ci si può fermare un istante per riprendere fiato e per ammirare la verdeggiante vallata del Liri punteggiata da una miriade di casolari che si estende fino ai lontani monti Ausoni, con ancora ben visibili i resti dell’antica centuriazione romana. Ripreso il cammino, poco dopo, appare la chiesetta dello Spirito Santo (o della Santissima Trinità), adagiata su una rientranza della parete rocciosa. Scarse le notizie storiche sull’edificio che come si legge in uno statuto ecclesiastico del 1740 “va colla prebenda della Valle (la parrocchiale di Santa Margherita, a Roccasecca centro) assegnatale dalla Collegiata (la chiesa madre della Santissima Annunziata del borgo Castello)”.

Ci sarebbe, ad onor del vero, un documento risalente all’anno mille, rinvenuto nell’archivio dell’abbazia di Montecassino dove, nel tratteggiare i confini di Roccasecca dalla parte di Santopadre (“territorio patrinate”), si dice testualmente: “ascendit ad summitatem montis Sanctae Trinitatis” ossia si fa riferimento al monte che accoglie nel suo grembo il santuario della Santissima Trinità. Esso, però, rappresenta un “falso” specie per la datazione, come dimostra un richiamo al re Ferdinando d’Aragona (1452-1516) contenuto nel testo, e deve essere spostato almeno al XV secolo, epoca questa nella quale l’eremo era già sicuramente esistente. … (continua su Vita Ciociara)